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12/12/2022 by Oliveru
Dal piccante peperoncino ai dolcissimi fichi scopriamo alcuni tra i prodotti tipici calabresi, la storia, le tradizioni e i piatti. Per tutti gli appassionati di enogastronomia e non solo
Oggi parliamo della Calabria e della sua cucina. Una cucina povera, ma ricca di storia, con piatti della tradizione locale e importati spesso da altre culture. Ogni provincia ha un suo prodotto tipico e le ricette diffuse in tutta la regione hanno preparazioni differenti a seconda della provincia in cui ci troviamo. Proprio come la lingua e i dialetti, anche i prodotti tipici calabresi e i piatti regionali sono variegati e diversi tra loro. Ognuno capace di raccontare una terra piena di sapori.
Indice
Differenze geografiche
Prodotti tipici calabresi DOP e IGP
Salumi e formaggi
Prodotti della terra
Peperoncino Diavolicchio Diamante#prodottitipici
Cipolla Rossa di Tropea
Fichi di Cosenza
Bergamotto di Reggio Calabria
Piatti delle feste
Cuccìa
Stocco di mammola
Cuccrurieddri cosentini
Dolci
Come ha osservato il filologo tedesco Gerhard Rohlsf, in Calabria si parlano una numerosa varietà di dialetti locali. Esistono zone in cui si parlano dialetti che derivano dal greco, nell’area grecanica in provincia di Reggio Calabria, e dall’albanese nelle comunità arbereshe del Crotonese. Lingua e cucina risentono dell’antica divisione tra Calabria Citeriore, l’area più settentrionale detta anche Calabria latina, e Calabria Ulteriore che corrisponde all’area centro-meridionale o Calabria greca. La cultura greca è sopravvissuta fino a noi in alcune pietanze della costa ionica. La lestopitta di Bova ne è un esempio: una focaccia non lievitata il cui nome in greco significa “pane sottile” e il pane fu sicuramente tra gli alimenti base dell’alimentazione greca.
Dalla Sila all’Aspromonte, dalle coste ioniche a quelle tirreniche, la varietà gastronomica in Calabria è davvero vastissima e si perde in tradizioni lontane. Molti dei prodotti tipici hanno il marchio DOP (Denominazione di Origine Protetta) e IGP (Indicazione Geografica Protetta) e chi non lo ha ancora, come la ‘nduja, sta per ottenerlo.
Prodotti a marchio DOP:
Prodotti a marchio IGP:
“La carne di questi suini ha quasi cinquanta sapori diversi”
PLINIO IL VECCHIO
I salumi, dalla ‘nduja alla soppressata, hanno nutrito generazioni intere di calabresi nei magri mesi invernali. Oggi stuzzicano il gusto di molti anche al di fuori dai confini regionali e nazionali. In Calabria, le tradizionali salsicce secche, la soppressata e il capocollo si preparavano tradizionalmente tra Natale e Carnevale per rifornire di carne la dispensa. Questi salumi venivano fatti stagionare per diversi giorni o mesi e si appendevano. Dovevano durare tutto l’anno.
Il più noto tra i salumi tipici calabresi è certamente la ‘nduja. Morbido, piccante e dall’inconfondibile color ruggine è un salame spalmabile originario di Spilinga, in provincia di Vibo Valentia. Il suo nome ha origini lontane, latine e un po’ francesi. Questo perché deriva da altri due insaccati, il salam dla duja piemontese e la andouille francese. Tutti traggono origine dal latino inductilia che significa letteralmente “inducere”. A Spilinga si pronuncia ‘nduja, con la lettera “j” alla francese. Nel resto della regione si pronuncia con la vocale “i”.
Formaggi e ricotte sono gli alimenti che vengono consumati tradizionalmente insieme ai salumi, durante un aperitivo in compagnia o in chiusura di un pasto. La Calabria ha un’antica tradizione di uso del latte di capra e di pecora oltre che del latte di mucca.
Esempi di formaggi tipici calabresi sono il pecorino crotonese, stagionato e ottenuto con il latte di pecora, e il caciocavallo silano, semiduro e prodotto con latte di mucca di razza Pezzata Rossa Italiana e Bruna Alpina. Il pecorino crotonese è prodotto anche nelle province di Catanzaro e Cosenza, mentre il caciocavallo silano – quello originale – si produce solo in Sila. Altri derivati del latte sono la ricotta di pecora e quella di capra. La ricotta affumicata di Mammola è una specialità locale reggina che si produce nel territorio della Limina, alle pendici dell’Appennino calabro al confine tra l’Aspromonte e le Serre Calabresi. Per la versatilità con abbinamenti sia salati che dolci e il gusto saporito e affumicato, questa ricotta ha conquistato un posto d’onore a tavola: può essere gustata da sola condita con olio, sale e pepe, su una fetta di pane tostato o insieme a confetture e marmellate.
La Calabria è una terra ricca di materie prime d’eccellenza che occupano un posto primario nell’economia della regione e in un panorama internazionale. Ortaggi, frutta, spezie: prodotti tipici arrivati in Calabria dall’Oriente o provenienti dalle Americhe, sono oggi i capisaldi della cucina mediterranea. Ognuno ha una storia e tutti hanno trovato popolarità in piatti dolci e salati.
Il peperoncino calabrese è la spezia simbolo di questa nostra regione italiana. Ma ha davvero origini italiane? La risposta è no. È messicano ed era una coltura fondamentale ai tropici. Fu Cristoforo Colombo a portarlo in Italia dai suoi viaggi nelle Americhe. Da allora iniziò la sua diffusine in Italia, specialmente al sud, in Calabria. La città del peperoncino è Diamante, piccolo borgo della Riviera dei Cedri, sulla costa tirrenica. Il Peperoncino Diavolicchio Diamante è il più diffuso in Calabria e ha un ruolo essenziale nella cucina calabrese. Rosso, dalla forma allungata e ricurva è caratterizzato da una piccantezza media e viene preparato in moltissimi modi: fresco, secco, sottaceto o in polvere da aggiungere a soppressate e salumi, per insaporire piatti di carne, verdura e pesce e come condimento. In tavola è sempre presente un vasetto di salsa di peperoncino o di olio piccante.
La Cipolla Rossa di Tropea è una varietà molto antica e amata da tutti, calabresi e non solo. Viene coltivata nella fascia costiera calabrese del medio-alto Tirreno, in alcuni comuni tra Cosenza e Vibo Valentia, e la raccolta avviene rigorosamente a mano. Ha una forma rotonda ovoidale, il colore dell’involucro esterno è rosso, mentre l’interno è composto da vari strati bianchi e carnosi. Il suo sapore dolce è dato dalla vicinanza al mare e dalla presenza di zuccheri. Fu introdotta in Calabria dai Fenici, ma già i Greci la conoscevano e la apprezzavano molto per il suo uso medicinale e culinario. È consumata in tutto il mondo sia cruda, nelle insalate, per via della sua particolare dolcezza, che cotta, componente fondamentale di zuppe, stufati e intingoli o come marmellata da spalmare sul pane o per farcire crostate.
La pianta del fico è diffusa in tutta l’Italia meridionale, ma la provincia di Cosenza è il maggior produttore a livello nazionale. In circa un terzo del territorio cosentino si coltivano fichi: dal Pollino fino in Sila e con una maggiore concentrazione nella Valle del Crati. Il clima mite, né arido né troppo piovoso, e l’ambiente collinare sono ideali per far crescere questo genere di pianta. A Cosenza c’è il fico Dottato, dalla forma a goccia allungata, la buccia verde chiaro, la polpa rosa rossastra, fine e morbida e il sapore dolce. Ciò che differenzia fortemente la produzione cosentina dalle altre è la trasformazione del prodotto legata alla produzione dei fichi essiccati.
Il Bergamotto di Reggio Calabria è diventato un simbolo di salute e bellezza in tutto il mondo. È un agrume nativo che non cresce in nessun’altro luogo. È grande poco più di un’arancia e meno di un pompelmo, di colore giallo-verde e dal sapore leggermente acidulo e amarognolo. Non si sa da dove, quando, come sia arrivato sulla costa ionica, importato non si sa se da Cristoforo Colombo o dai Mori di Spagna. La lunga e orgogliosa tradizione di coltivazione di bergamotto nella fascia costiera reggina inizia nel 1750 dall’innesto su un albero di arancio amaro. Dall’estrazione del preziosissimo olio essenziale si producono liquori, amari, bevande gassate, succhi, marmellate, caramelle e scorzette candite e, solo a Reggio, anche il gelato. Numerosi sono i suoi impieghi nell’industria cosmetica e farmaceutica.
I piatti tradizionali presenti generalmente in tutta la Calabria, pur con diverse varianti, sono la pasta ca muddica e alici, la parmigiana di melanzane e lo stoccafisso. Le più grandi differenze si riscontrano specialmente tra Reggio Calabria e Cosenza, tra cui intercorre una maggiore distanza. Parafrasando un vecchio detto: provincia che vai, piatto che trovi!
Un piatto tradizionale del Cosentino è la cuccìa. La particolarità di questo piatto è che si prepara nell’arco di tre giorni in un contenitore di terracotta chiamato in dialetto locale tinìellu. Le sue origini risalgono probabilmente all’occupazione di Cosenza da parte dei Saraceni. La sua somiglianza con il couscous arabo è infatti innegabile: entrambi sono piatti a base di grano bollito e carne di maiale o di capra (naturalmente la ricetta araba non prevede il maiale). La ricetta originaria è andata perduta e oggi esistono solo varianti salate e dolci. A Mendicino, a pochi chilometri da Cosenza, si prepara per il giorno di santa Lucia, anche se l’origine della festa della santa risale al mondo greco, al culto di Demetra che si invocava proprio il 13 dicembre. La cuccìa mendicinese ha 13 ingredienti. A Paola, un altro comune in provincia di Cosenza, la cuccìa è un dolce simile alla cioccolata calda con noci, scorza d’arancia e chiodi di garofano in aggiunta al grano. Nei comuni della fascia presilana è di nuovo salata.
Baccalà e stoccafisso sono diventati parte integrante della cucina tradizionale calabrese e lo stocco di Mammola è uno dei piatti più importanti della Calabria. Il merluzzo, pescato ed essiccato sotto sale nei mari del nord Europa, veniva importato già nel Cinquecento ed era una merce di scambio nel territorio reggino. Dal porto di Napoli a quello di Pizzo, poi proseguendo il viaggio verso terra, le casse di stocco arrivavano a Mammola. La particolarità di questo piatto è dovuta all’acqua di Mammola da cui prende il nome. Anticamente era considerato un cibo povero ed era la base della dieta di contadini e braccianti perché altamente energetico. Lo stocco di Mammola viene servito tradizionalmente la Vigilia di Natale e il Venerdì Santo, quando è proibito mangiare carne, o donato come regalo secondo l’usanza di molti migranti tipica del Reggino e della Locride. Da ricordare è la Sagra dello Stocco che si svolge ogni anno nel Borgo Antico di Mammola.
“Sono sempre stato goloso… dei merluzzi collosi di Terranova”
GIACOMO CASANOVA
Partiamo col dire che pronunciare il nome di queste appetitose ciambelle tipiche della provincia di Cosenza non è semplice. È stata per questo adottata – anche dai cosentini – la forma italianizzata di “cullurielli”. Cuddura è invece il nome generico di questa ciambella intrecciata tipica del Sud Italia, che fa parte dell’elenco dei Prodotti Alimentari Tradizionali (PAT). I cuddrurieddri cosentini si preparano tradizionalmente la sera del 7 dicembre, per il giorno dell’Immacolata, e sono caratteristici di tutto il periodo natalizio. L’impasto è a base di patate bollite e schiacciate a cui si aggiungono farina e lievito, con cui si possono creare sia delle ciambelle col buco sia delle palline ripiene di acciughe che poi vengono fritte. Le ciambelline si possono trovare in tutta la Calabria, ma con nomi e forme diversi e talvolta in versione dolce. A Reggio Calabria sono tutt’altra cosa. Si chiamano cuddhuraci o ‘nguti e sono dolcetti pasquali a forma di paniere decorati con uova sode e zuccherini colorati.
Anche i dolci calabresi sono molto diversi tra loro e ogni zona ha le sue tradizioni, fatti in casa e con ricette tramandate tra vecchie e nuove generazioni. Immancabili a Natale sono i dolci di fichi secchi.
A Cosenza si preparano i bucchinotti di pastafrolla ripieni di mostarda, così vuole la ricetta originale. In alternativa si usano marmellata fatta in casa o cioccolato. Altri dolcetti di Natale sono i turdilli al miele, una specie di gnocco fritto dolce. La ricetta antica vorrebbe il miele di fichi, una golosa glassa molto diffusa in Calabria. Originaria di San Giovanni in Fiore, in provincia di Cosenza, è la pitta ‘mpigliata marchio DOP. Un dolce adatto alle occasioni di festa più diverse, Natale, Pasqua e anche matrimoni. La prima testimonianza scritta di questo dolce è proprio in un contratto di nozze del 1728. A Catanzaro prende il nome di pitta ‘nchiusa ed è diffusa in tutta la regione. Nella Calabria greca, a Natale, si preparano i petrali, conosciuti altrove come sammartine. Mezzelune di pastafrolla con un ripieno di fichi, frutta secca e frutta candita lasciati macerare nel vin cotto o nel caffè e zucchero. I fichi sono quelli raccolti ad agosto e lasciati essiccare al sole di fine estate.
Per chi ama il gelato sono assolutamente da provare la crema reggina e il tartufo di Pizzo, al cioccolato e al cioccolato bianco. Gusti che potrete assaggiare solo da chi li produce, a Reggio Calabria e a Pizzo Calabro.