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12/09/2022 by Oliveru
Il Made in Italy è un patrimonio italiano, è il lavoro a regola d’arte di artigiani d’altri tempi che ci hanno resi famosi in tutto il mondo. Le terrecotte di Calabria sono una produzione artigianale con una lunghissima tradizione che si tramanda da millenni.
L’artigianato è considerato un lavoro tradizionale. Quando la scelta diventa quella di promuovere l’economia locale, ecco che l’artigianato diventa un bene primario per quella determinata area geografica. Creatività, metodo e tecnica artigianale sono strumenti indispensabili per realizzare prodotti di qualità, unici e inimitabili. Oggi parliamo di artigianalità. Precisamente dell’arte della ceramica di Lamezia Terme, in Calabria.
Il Museo Archeologico Lametino raccoglie reperti archeologici e testimonianze di quelle che furono le attività produttive della piana di Lamezia Terme. Ogni oggetto ha lo scopo di ricostruire la millenaria storia dell’artigianato regionale. Il Museo si trova in Corso Numistrano al primo piano dell’ex convento domenicano di San Domenico a Nicastro. Si articola in tre sezioni: Preistorica, Classica e Medievale. Nella sezione Preistorica si trovano le più antiche testimonianze del Neolitico presenti in Calabria: frammenti di ceramica decorati provenienti dagli scavi effettuati nella piana di Curinga, tra la piana di Lamezia e il Golfo di Sant’Eufemia. Per chi non lo sapesse, il Comune di Curinga è tra i Borghi d’Eccellenza della Calabria e sostenitore del Fondo Ambiente Italiano (FAI). La sezione Classica comprende due sale. Di epoca greca e romana sono i frammenti di ceramica a vernice nera e terrecotte che i fedeli offrivano nei santuari. Infine, i reperti della sezione Medievale di età bizantina provengono quasi interamente da quelli che erano i centri di potere più influenti del Lametino nel Medioevo: l’Abbazia benedettina di Santa Maria di Sant’Eufemia e il Castello normanno-svevo di Nicastro.
Lamezia ha una tradizione millenaria: l’antichissima arte della ceramica che, in Calabria, si tramanda dal Neolitico ai giorni nostri. Le ceramiche lametine come oggi le conosciamo si rifanno ai canoni estetici della Magna Grecia e della cosiddetta ceramica italiota. Tutto ha inizio tra l’VIII e il VII secolo a.C. con la colonizzazione delle città costiere del Sud Italia. In questo periodo la Calabria diventa uno dei più grandi e quindi importanti centri produttivi e commerciali del Mediterraneo. Ecco come si spiega il nome del complesso delle colonie greche dell’Italia meridionale definito dall’aggettivo ‘’Magna’’ e seguito dal sostantivo ‘’Grecia’’. Presumibilmente situate tra Soriano e Sorianello si trovavano le antiche fornaci per la lavorazione e cottura dell’argilla.
Oggi forme, colori e incisioni delle ceramiche vengono riadattate alle esigenze moderne del nostro tempo. La tradizione resta il punto di partenza. La contaminazione magnogreca rimane ancora attuale soprattutto nei materiali, l’argilla bianca che si trova in queste zone e i pigmenti naturali che venivano usati per decorare. Per questo motivo le ceramiche lametine possono essere considerate un ponte tra passato e presente, un simbolo della valorizzazione delle risorse del territorio calabrese.
Rocco Purri è tra i ceramisti che più rappresentano l’artigianalità lametina. Le sue creazioni sono ispirate alla tradizione del passato. I manufatti realizzati nel suo laboratorio di archeologia sperimentale nascono sulla base di ritrovamenti effettuati durante gli scavi nei siti lametini. E da un ricordo di bambino. Si ispirano ai tradizionali presepi di ceramica della zona, Serra San Bruno. L’argilla bianca è il materiale con cui venivano realizzati questi presepi e in generale l’intera produzione locale. Oltre all’argilla anche i pigmenti naturali utilizzati (ossido di rame e minerali di ferro) si estraevano da giacimenti nella zona compresa tra Parghelia e le Serre.
Nel 2014 è stata inaugurata la mostra I colori del Castello e dell’Abbazia, al Museo Archeologico di Lamezia. Testimonianza di quanto si può fare per il nostro territorio attraverso la valorizzazione del patrimonio archeologico, dal punto di vista culturale e artistico, ma soprattutto turistico. Gli oggetti in mostra sono repliche di Rocco Purri e sono state eseguite sulla base dei ritrovamenti di cocci tra i ruderi del Castello di Nicastro e l’Abbazia benedettina di Sant’Eufemia. Il supporto del Dipartimento di Fisica dell’Unical, della Sovrintendenza ai Beni Archeologici della Calabria e dell’Associazione Archeologica Lametina ha permesso al ceramista uno studio approfondito delle ceramiche medievali e di ricostruirne la forma, i colori, le decorazioni, quindi le fasi del processo produttivo.
La lavorazione artigianale delle ceramiche è stata eseguita a mano secondo i procedimenti originali. Tra i manufatti realizzati ci sono soprattutto oggetti d’uso quotidiano come vasi, scodelle, caraffe, contenitori di ogni tipo e piatti per la tavola. Alcuni di questi sono ancora in uso.
In tutte le province calabresi si producono ceramiche artigianali. Le ceramiche lametine sono rustiche. La caratteristica delle ceramiche calabresi è il suo impiego pratico, l’uso domestico più che l’estetica. Per questo motivo decorazioni e colore sono ridotti al minimo. Tipici sono i salutari in ceramica, contenitori di forma cilindrica ancora usati per conservare cibi e alimenti sotto sale, sott’olio o nel grasso animale. Sono dipinti di bianco o marrone, a volte con fasce colorate bianche, gialle o verdi. Altri tipi di contenitori erano i capassi, per conservare l’olio, mentre per l’acqua e il vino si usavano le quartare. Infine, ci sono le famose pignate, tegami in terracotta dall’interno smaltato usate per la tipica cottura a riverbero vicino al fuoco.